Ci sono luoghi dove la vita è davvero difficile, se non impossibile: mi vengono in mente la Valle della Morte negli Stati Uniti, oppure Prypiat, la città ucraina vicina alla centrale di Chernobyl, le isole norvegesi Svalbard in inverno, o anche l’isola di Mururoa nella Polinesia francese, sede di esperimenti nucleari…
Poi mi capita di dover prendere un treno e di andare nella nostra stazione, il monumento nazionale.
Penso alle polemiche per il cantiere infinito della pensilina esterna e poi do uno sguardo ai passeggeri in attesa di un treno. Le sale d’aspetto, che visti i problemi di queste ultime settimane sarebbero più che utili, non esistono più. Da qualche giorno sono state inserite alcune decine di sedute nell’atrio della biglietteria - in mezzo al rumore, al transito degli altri passeggeri e alle folate di caldo - posizionate in modo trasversale rispetto ai tabelloni luminosi che indicano arrivi, partenze e ritardi.
Se superi le barriere prima dei binari e il tuo treno non ha ancora l’abbinamento definitivo con il binario, devi star lì, in piedi o al limite seduto su bordo paracolpi rasoterra, in trepida attesa spesando che non arrivi la comunicazione di qualche ritardo.
Va bene l’alta velocità, benissimo i treni più comodi e puliti, ma qualsiasi treno ha bisogno delle stazioni per far salire e scendere i passeggeri (per favore, non chiamateci clienti, grazie), e le stazioni sono spazi pubblici per le necessità dei viaggiatori e che in parte possono essere destinati a servizi come bar, ristoranti o edicole, ma non possono diventare centri commerciali.
Prendiamo il treno e dopo facciamo la classifica dei luoghi più inospitali del mondo: forse ne abbiamo frequentato uno molto da vicino.