Nei giorni scorsi una benemerita manifestazione di Firenze ciclabile e altre associazioni ha messo in evidenza le bizzarrie progettuali del nuovo percorso tramviario per Bagno a Ripoli. In pratica, la prima pista ciclabile della città, nata per i mondiali del 1990 e che segue i viali da Porta a Prato fino allo stadio oppure fino al lungarno della Zecca, diventerà un percorso pedociclabile senza alcuna separazione tra pedoni e ciclisti, anzi: stessa pavimentazione e una fila di calotte metalliche a separare idealmente i flussi. Può funzionare? La risposta esatta è no.
Dando un’occhiata ai progetti, alcuni anni fa ho presentato alcune
osservazioni al Comune, proprio riguardo quella linea tramviaria e, guarda un po’, anche per questa scelta di progettisti estrosi.
Tra le altre, la mia osservazione, banale, era che “la separazione della ciclabile con calotte metalliche e la pavimentazione in pietra simile al marciapiedi aumentano la confusione per cui serve una migliore differenziazione della pavimentazione e della separazione dei flussi”. La risposta, impeccabile, eccola qua: “la scelta della pavimentazione in pietra e l’utilizzo di calotte metalliche, rientra nell'ambito di valutazioni effettuate con la Soprintendenza per la riqualificazione dei viali (zona sottoposta a vincolo paesaggistico)”.
Tralascio il fatto che le risposte alle mie osservazioni le ho trovate per caso sul sito del Comune molto tempo dopo e non mi sono state inviate direttamente, ma vorrei tornare sull’argomento tramvia: saranno vent’anni che sono a capo del mio movimento No T.A.B (Tramvia A Bischero) perché la tramvia va benissimo, il trasporto pubblico pure, ma… non si può penalizzare chi, già da un pezzo, si adopera per migliorare la vivibilità della città. Chi va in bici, che sia per piacere, per necessità o fissazione, sta già facendo molto per la città. Non tutti potranno andare sempre in bici, e quindi è necessario un servizio di mobilità pubblica efficiente e a prezzi popolari, ma questo non si può fare penalizzando fortemente i ciclisti massacrando una pista ciclabile utilizzatissima e che è lì da quasi quarant’anni.
Si possono fare ritocchi, modifiche e anche chiedere dei piccoli sacrifici, ma non la sostanziale cancellazione di una pista che già adesso, ben separata e colorata, viene invasa dai pedoni.
Facciamo gli ambientalisti, ma senza paraocchi: una scemenza resta una scemenza, anche verniciata di verde.