mercoledì 20 maggio 2015
Una buona mobilità ciclistica non si realizza dall’oggi al domani, ma è frutto di mesi – o addirittura anni – di sperimentazioni, fatte di vari step per far sì che le nuove norme siano comprese e accettate dalla cittadinanza. Anche per questo il monitoraggio periodico dei risultati ottenuti è fondamentale per capire se le strategie attuate sono state quelle giuste oppure è il caso di correggere il tiro.
Un buon esempio viene dalla città di New York dove, dati alla mano, negli ultimi dieci anni il numero dei ciclisti all’interno dell’area urbana compresa tra i quattro East River Bridges, Staten Island Ferry, e la Hudson River Greenway, è addirittura triplicato, passando da 7mila a circa 21mila, a fronte invece di un aumento della popolazione molto lieve. Si tratta di percentuali di modal shareancora modeste e i paragoni con le più virtuose realtà europee, come Amsterdam, sono francamente forzati ma il ciclismo urbano nella Grande Mela è in aumento e questo è un dato positivo.
Il recente buon lavoro del Dipartimento dei Trasporti ha consentito la realizzazione di percorsi protetti, la disincentivazione degli spostamenti in auto, l’installazione di rastrelliere un po’ ovunque e in ultimo il lancio del bike sharing, ha reso la metropoli statunitense un luogo meno ostile per i ciclisti ma i risultati sono frutto di un lavoro di test e monitoraggio cominciato molti anni prima, nel lontano 1984.
Le tabelle pubblicate dal Dipartimento dei Trasporti di New York mostrano i dati e certificano che l’aumento più consistente si è registrato in particolare dal 2008, in concomitanza con i primi sintomi della crisi economica. Segno che i newyorkesi sono saliti in sella anche per risparmiare sul costo dei trasporti, ma poi gradualmente in molti hanno sposato le istanze della mobilità nuova continuando a pedalare in città. E il trend in costante crescita dei ciclisti urbani nella Grande Mela sembra confermarlo.